Sentiero di Confinale – Cima Fontana

PARTENZA

Dalla diga di Gera si segue l’it A di Val Poschiavina (vedi volumetto precedente) sino al bivio segnalato sotto la salita verso l’Alpe Val Poschiavina. Qui, a sn, è un ponticello sul Poschiavino che permetterebbe di imboccare una traccia che risale un testone roccioso. E’ tuttavia sconsigliabile, assai sconnessa, malridotta da un’alluvione. Quindi è meglio salire all’Alpe Val Poschiavina, valicare il torrente, spostarsi poi alle baite più a sin e da lì discendere quel ripido pendio che di valle verso il lago. Punto d’osservazione 1.

POSTAZIONE 1

In questo luogo si può valutare il dislivello esistente tra il fondovalle della Poschiavina ed il lago di Gera. Dunque si osserva bene il fenomeno del cosiddetto “gradino di confluenza” tra le valli minori e le maggiori; tipico fenomeno glaciale che qui, all’inserzione della Val Poschiavina nel bacino del Cormor (Gera), assume aspetto imponente ed è forse uno degli esempi più significativi di tutta la Valmalenco orientale. Tutto attorno splendidi esempi di rocce montonate e lisciate dai ghiacci; nei pressi dell’Alpe Val Poschiavna, ottimi esempi di cuscinetti erbosi, tipico fenomeno crionivale (ovvero di ambiente in cui il terreno è ghiacciato gran parte dell’anno).
Qualche Larice isolato dalla crescita piuttosto faticosa sia su questa sponda che sulla sponda di fronte sotto il rif. Bignami mentre tra la flora si rinvengono Genzianelle e candide Parnassie di palude. Scendiamo lungo un sentierino in fase di sistemazione e ritornati a mezza costa lungo il lago, in ambiente solitario pieghiamo a dst ora pianeggiando verso una caratteristica semigalleria, costituita da un enorme roccione a sporto. Al promontorio subito dopo, è il punto d’osservazione 2.

POSTAZIONE 2

Verso NNE, guardando quindi verso il sentiero che porta all’Alpe Gembré, si può ammirare in tutta la sua imponenza il grande salto glaciale del Fellaria orientale che piomba sulla lingua sottostante. Dal salto scendono di regola cascate di acqua e talora si staccano dei seracchi. Tutto l’ambiente è grandioso, d’alta montagna: sono in parte in vista i grandi scoscendimenti, rigati da possenti salti d’acque, con cui i bacini dei due ghiacciai di Fellaria si immettono nella sottostante conca di Gera, altro esempio di gradino di confluenza. Gradino che, nonostante l’altezza, durante la fase massima della “Piccola Glaciazione” pare fosse superato dalla fiumana di ghiacci che andavano a terminare, con una fronte unica, nel golfo settentrionale dell’attuale lago. Di fronte a noi, su un dosso ben rilevato, il rif. Bignami, negli anni ’60 uno dei più moderni edificati dal CAI nella zona. Attorno a noi esempi, se possibile, ancora più grandiosi d’erosione glaciale, rocce striate e lisciate dai ghiacci tanto da dar loro di sovente forme tondeggianti.
Il sentiero, ora più stretto ma sempre comodo, risale, transita da un ultimo gruppo di rocce, poi pianeggia sino al dosso con rocce che anticipa Ape Gembré, 2224 m IGM. Punto d’osservazione 3.

POSTAZIONE 3

Benché non si tratti dell’alpeggio a maggior quota della Valmalenco (che è la non lontana Alpe Fellaria) l’Alpe Gembré è restata, causa il suo relativo isolamento, con le sue originarie antiche strutture, nonostante qualche ovvio ammodernamento. Strutture quasi integralmente lapidee, in cui il legname, piuttosto scarso in zona, era limitato alle travature del tetto. Non difficile pure rendersi conto della durezza della vita, in tali alpeggi, ancora oggi ma a maggior ragione un tempo, quando il più vicino punto dotato di relative comodità era Lanzada! A monte delle baite si noti una densa vegetazione nitrofila, di piante cioè amanti di terreni abitualmente frequentati da animali che vi lasciano i loro escrementi. Si riconoscono Romici, Ortiche e Aconiti; qualche raro cespuglio degli ultimi Rododendri occhieggia dietro a piccoli massi.
Verso N s’alza una possente parete, rigata da magnifiche cascate che scaricano le abbondanti acque del ghiacciaio di Fellaria orientale nel lago sottostante. Sono certo tra le più impressionanti di tutta la Valmalenco. Sulla dst rosseggia la cresta occidentale della Cima Fontana, frequentata dalle capre, che con le pecore costituiscono parte rilevante degli animati d’allevamento dell’alpeggio.
Bivio tra il sentiero segnalato del “giro del lago” e quello, inizialmente non troppo marcato, che sale a dst verso i ripiani superiori ed il Passo di Confinale.
Il nostro sentiero inizia nell’angolo SE dell’alpe, per salire, a tratti un po’ ripido e sconnesso sino ai ripiani superiori, verso quota 2400 c. Qui si prosegue verso E nel prato lungo una traccia più esile ma contrassegnata da numerosi ometti. Dopo poche centinaia di metri si raggiungono i ruderi di un baitello 2440 m. Punto d’osservazione 4.

POSTAZIONE 4

Già salendo la vista si apre su tutto il bacino di Gera e gradatamente anche su quello dei Fellaria, in un grandioso alternarsi di rocce e pascoli, nevai e torrenti.
Sotto il rifugio Bignami, sul lato Fellaria, vi sono due leggere morene appoggiate al pendio verdeggiante a guisa di festoni. Corrispondono, con ogni probabilità, al livello del ghiacciaio quando era al massimo della “Piccola Glaciazione” ed arrivava sino al fondovalle della conca di Gera (attuale ultimo golfo del lago omonimo). Verso S possiamo effettuare osservazioni geologico litologiche: le serpentine affiorano solo sopra l’Alpe Gembré e corrispondono, sulla IGM, alle quote 2541 e 2550, mentre la quota 2544 è già costituita da rocce micascistose; siamo infatti al passaggio tra le unità Malenco (serpentine) e le superiori Margna e Sella (micascisti e filladi). Queste ultime rocce, particolarmente tenere, costituiscono larga parte dei pianori ove siamo, mentre più dure inclusioni di gneiss occhiadini, meno facilmente erodibili, formano le costole rocciose in evidenza in direzione del passo.
Da notare pure la semplicità del baitello, poco più di un riparo, ove i pastori si rifugiavano durante la notte e le intemperie per non abbandonare le greggi.
Il tracciato prosegue a monte in un’area di grossi cuscinetti erbosi cui segue una tipica torbiera. Dopo di che il sentiero avanza costantemente in una sorta di valletta, impostata lungo un contatto litologico tra le due già citate formazioni di filladi e gneiss. Quindi il sentiero continua fino a quota 2600 circa ove la valletta praticamente termina nel ripiani sommitali.
Ormai si è circondati solo da praterie, ancora qualche cardo ma soprattutto Larici e Festuche, Salici nani, Raponzoli blu, Seneci dal caldo color oro, qualche Primula mentre le chiazze gialle dei Licheni geografici rallegrano la superficie dei massi.
Piegando a sin NE si guadagna direttamente il Bivacco Anghileri Rusconi, non cartografato né sull’IGM né sulla CNS, 2655 m circa. Punto d’osservazione 5.

 

POSTAZIONE 5

Il bivacco è una tipica struttura moderna di ricovero, di un vivace rosso ben visibile da lontano. All’interno 9 cuccette (in parte ribaltabili), tavolo, fornello a gas, stoviglie. La sua facilità d’accesso, rispetto ad altri bivacchi fissi, permette la conoscenza di tali opere anche al semplice escursionista.
Si raccomanda di non asportare nulla e di lasciare tutto nel massimo ordine. I bivacchi non sono luoghi di pic nic ma strutture di ricovero e d’emergenza!
Il sottostante Passo Confinale, 2628 IGM (Pass Canfinal CNS) è costituito da una vasta spianata disimmetrica: sul lato italiano scende infatti un dolce pendio, su quello svizzero precipita un ripidissimo versante d’erba e rocce. Un tempo fu un valico importante tra Valmalenco e Poschiavo; forse per questo su alcune antiche carte è indicato come Passo di Rovano, il che potrebbe essere collegato con la figura del Duca di Rohan, il condottiero francese protestante che, per conto del Re di Francia e su disposizioni del Richelieu, permise ai Grigioni, durante la Guerra dei Trent’anni, di riconquistare la ribelle Valtellina. Il passo è considerato punto di contatto tra i gruppi del Bernina e dello Scalino poiché qui cambia la morfologia che da glaciale e d’alta montagna (Bernina) diviene più “prealpina” (Scalino). Ma tutto è relativo, infatti di qui il gruppo dello Scalino non appare affatto meno imponente d’altre montagne! Dal bivacco si osserva bene la colorazione grigiastra delle coste delle Ruzze (micascisti e gneiss) e quella rossastra delle rocce verso la Cima Fontana (filladi).
Con uno sguardo più ampio si ammirano distintamente la bifida sommità del Roseg dietro il Fellaria occ., la Punta Marinelli, la Bocchetta di Caspoggio, la Cima di Caspoggio. Da qui si vede magnificamente il contatto litologico alla Bocchetta di Fellaria tra le serpentine (verdi azzurrastre) del Sasso Moro e le rocce micascistose (rossastre) della Cima di Caspoggio. Tra le Ruzze ed il Sasso Moro spunta il Disgrazia, il nascosto ghiacciaio di Val Sassersa ed il Pizzo Cassandra.
Salendo tra i Salici nani si erano intravisti alcuni rarissimo Ranuncolo alpino, mentre qui ora si trova qualche Senecio e qualche Margherita alpina.
Dal Bivacco Anghileri Rusconi si sale lungo il confine sino a quota 2770 c. proprio sotto un piccolo dente, nei pressi del salto rosso che sembra precludere la via per salire direttamente alla Cima Fontana. Punto d’osservazione 6.

POSTAZIONE 6

Panorama molto interessante. Si ammira un bellissimo rock glacier che scende dalla bocchetta senza nome tra le Ruzze e il Corno delle Ruzze, con vari festoni di accumulo nella sua parte terminale; più sotto la Val d’Ursé con i suoi alpeggi. Ad E il caratteristico Sassalbo, la Vetta Sparella ed il grande, inconfondibile pendio di ghiaccio e roccia della Cima Viola, sulla sin la Cima di Dosdé, più oltre varie vette delle 13 Cime, a dst il classico spigolo dell’Adamello, ghiacciai ed il gruppo della Presanella. Al di sotto, in Val Poschiavo, si osserva l’omonimo lago. Oltre le Ruzze spunta tutto il gruppo dello Scalino: lo Scalino, la cima di Val Fontana ed il Pizzo Canciano con la parte superiore del ghiacciaio. Sulla dst non sono più in vista lo Zupò, l’Argient ed il Roseg ma in compenso osserviamo all’orizzonte i Corni Bruciati, gran parte della zona di Arcoglio, il Sasso Alto con le piste sciistiche; dalla Bocchetta di Fellaria spuntano varie cime non facilmente identificabili.
La vegetazione inizia a frammentarsi in pulvini, sodi cuscinetti adatti alla quota, tra i quali prevalgono le delicate rosee Sileni e carnose Sassifraghe bianche e gialle.
Si aggira il piccolo dente sulla sin, poi un sentierino abbastanza facile, indicato da alcuni ometti, sale lungo la linea di cresta sotto il salto della quota 2831 CNS; qui si vince un canaletto con altri ometti per arrivare al grande segnale che c’è alla sommità della quota 2829 IGM.
Dalla vicina quota 2831 CNS che risulta essere qualche decina di m spostata a N rispetto alla sommità italiana si ha una visione migliore. Punto d’osservazione 7.

POSTAZIONE 7

Qui il confine un tempo piegava a sin e puntava dritto alla Cima Fontana, lasciando tutta la conca superiore in territorio elvetico; quando il tutto era pieno di ghiaccio non doveva essere facile vedere bene dove fosse l’effettivo spartiacque che pareva spostato più a sin. Inoltre, al di là della mancanza di conoscenza diretta della zona, probabilmente sembrava che le lingue che discendevano verso Poschiavo traessero la loro origine più a monte. Solo con le rettifiche del 1935-’36 la linea di confine sarà corretta.
Tra le morene sono alcuni laghetti (non tutti visibili). Di fronte la massa imponente della Cima Fontana, poco a dst la grande bastionata rosseggiante del Pizzo Varuna, ancora più ad E gli spalti del cosiddetto Segnale di Pizzo Verona. Nei pressi ci sono chiari resti di morene recenti: è quindi probabile che qui il ghiacciaio, al massimo della “Piccola Glaciazione”, superasse la linea spartiacque e si abbassasse verso la valle di Poschiavo. Con uno sguardo panoramico si osserva a S il ghiacciaio del Pizzo Scalino e gran parte del gruppo del Combolo, verso valle il lago di Poschiavo. Più oltre si vedono meglio le cime cui abbiamo accennato prima e, tra Vetta Sparella e Cima Viola, emerge anche il Cevedale. Dall’opposto versante si vedono ora spuntare dalla Bocchetta di Fellaria la Cima di Rosso e la Cima di Vazzeda; il Disgrazia è invece quasi coperto dal Sasso Moro ma in compenso dietro le costiere di Arcoglio ecco la catena orobica.
Osservando accuratamente tra i sempre più marcati pulvini di fiori si riconoscono anche alcuni Licheni ramosi verdastri, ombreggiati da ciuffetti di bianche Margherite alpine e Cerasti.
Di qui si prosegue più o meno lungo la cresta spartiacque su morene recenti e facili vallette di rocce e detriti: l’ambiente è quello tipico dell’alta montagna. Si raggiunge così la quota 2860 c., lungo il sommo d’una morena, non lungi dai laghetti quota 2845. Si è su un dosso ove è un ometto, il sentierino transita leggermente più a sin. Punto d’osservazione 8.

POSTAZIONE 8

Qui si nota bene un triplice sistema di morene, posteriori al massimo del piccolo glaciale. Una prima scende a SO e comprende anche il bacino del lago inferiore, passando per la quota 2818 IGM: è segno di una fase di arretramento probabilmente di inizio del XX sec., quando il ghiacciaio ha abbandonato la cresta spartiacque. Poi c’è il cordone che origina dalla quota dove siamo e che sbarra la valle ed il sottostante laghetto lungo e stretto. Infine ecco un cordone meno evidente che sbarra a valle il lago di quota 2845. E’ da notare che sull’IGM del ’35 la lingua glaciale arrivava fino a questo lago, mascherando completamente l’emissario del ghiacciaio, che adesso invece forma un bel torrente ed entra nel laghetto superiore con un grande detta.
Il panorama è sostanzialmente simile a quello precedente; da notare il Monte Spondascia che da qui appare come un insieme di torri nerastre veramente asperrime.
Motto più presenti i Licheni ramosi verdastri e grigi, intercalati a piccoli cuscinetti di bianche Sassifraghe e a ciuffi di candidi Cerasti e piccole Linarie viola.
Discesi a guadare l’emissario dei laghetti, si prende a dst per risalire un facile pendio di sfasciumi, sino al falso colletto tra la Cima Fontana a sin e le pendici del Segnale di P.zo Verona a dst. Punto d’osservazione 9.

POSTAZIONE 9

Ci troviamo a quota 2925 c., in un’area che sino a pochi decenni or sono era coperta da una netta lingua transfluente, verso S, dal Ghiacciaio di P.zo Varuna (così come cartografato su IGM). Oggi dalla falsa sella scende un abbondante torrentello, emissario di un laghetto che ci appare improvvisamente, nel quale entra il ramo più meridionale del ghiacciaio, in genere completamente scoperto a stagione avanzata. L’aspetto del luogo è pittoresco: vi sono nevai, morene recenti, minuscoli ghiacciaietti, in parte a loro volta ricoperti da morene. Imponente, a N, la bastionata del Pizzo Varuna, erroneamente cartografato, sull’IGM, Pizzo Verona (ovviamente la bella città veneta non c’entra per nulla, Varuna in realtà significherebbe, dal celtico, luogo elevato).
La vegetazione è praticamente scomparsa, siamo ormai al livello dei “deserti” d’alta montagna.
Nota: superato l’emissario che è abbastanza ricco d’acqua si può salire sulle varie quote e, senza grosso impegno per rocce rotte ed accatastate, si può arrivare sino al Segnale di Pizzo Verona, 3079 IGM (3080 CNS). Ottimo punto panoramico, isolato tra ghiacciaiettì, nevai e pareti rocciose. Qui si può arrivare anche dal lato 0, dal ghiacciaio. Prendendo invece dal falso colletto a sin, per una traccia di passaggio (ometti) si inizia a risalire la cresta ENE della Cima Fontana. Nel secondo tratto si incontra qualche facile passaggio roccioso che richiede un minimo d’attenzione; comunque chi abbia un po’ d’esperienza d’alta montagna non rileverà alcun vero ostacolo (tratto di difficoltà EE). Si perviene così all’ampia vetta della Cima Fontana 3068 IGM (3070 CNS), ultima meta, certo uno dei più facili “3000” delle Retiche. Nei pressi dell’ometto sommitale è stata murata una Madonna per il 30ennale del Gruppo Giovanile OSA. Su molte carte è indicata come Cima di Val Fontana, denominazione assurda poiché la Val Fontana si trova lontana, oltre il ghiacciaio del P.zo Scalino. Punto d’osservazione 10.

POSTAZIONE 10

L’antico ghiacciaio di P.zo Varuna, ancora unito e vasto sull’IGM, meno ampio ma ancora unito sulla CNS, è ora ridotto a 3/4 individui, alcuni veramente minori, che occupano pendii e canali isolati tra loro. Una misera fine per un individuo glaciale che, al massimo della Piccola Glaciazione, confluiva massicciamente nella gigantesca colata della Vedretta di Fellaria orientale!
Il panorama vale, da solo la fatica della salita. Di qui appare, in tutta la sua maestà, il grande salto del Fellaria orientale con le sue cascate; nelle ore calde si può assistere anche alla caduta di seracchi. Al di sopra il Pizzo Palù mentre a sin, come una torre, appaiono i Sassi Rossi, dietro il Bellavista, lo Zupò e l’Argient con la tipica sella. Verso OSO possiamo partire dal Palino con tutta la sua costiera, in primo piano ecco lo Spondascia, dall’aspetto castelliforme, poi le Ruzze ed il Corno delle Ruzze, dietro tutto il ghiacciaio dello Scalino con lo Scalino, il Canciano, sulla sin la costiera del Combolo. Si osservano al completo il lago con il fondovalle di Poschiavo dominato dal Sassalbo con la costiera che va verso Tirano; in quella direzione si vede il Monte Padrio e dietro le costiere orobiche, l’Adamello e la Presanella.
Dietro la Vetta Sparella ecco la zona del S. Matteo, del Cimon de la Mare e del Cevedale; poi la C.ma Viola con la sua caratteristica parete, ancora in lontananza l’Ortles. A sin del Fellaria orientale ecco la possente lingua del Fellaria occidentale, più addietro il Roseg, il Pizzo Sella, i Gemelli, dietro la Punta Marinelli si intravede la cima biancastra del Tremoggia, il Malenco, l’Entova e la Sassa di Fora, osserviamo anche un lembo del ghiacciaio di Scerscen. Ed ancora la Bocchetta di Fellaria, dietro le cime di Chiareggio mentre a sin della Bocchetta d’Entova ecco il Sasso Moro con i suoi complessi canaloni e dietro il Disgrazia. Più sotto appaiono i laghi di Campo Moro e Gera, con le dighe, il rif. Zoia, le prime case dell’Alpe Gembré. Si intravede anche Caspoggio, Sant’Antonio e le piste della zona del Monte Motta. Poi l’Alpe Lago e tutta la costiera di Arcoglio, dietro tutta la cresta orobica.
Ormai solo pietraie e sfasciumi ma sull’anticima occ. occhieggía qualche raro ma bellissimo ciuffo di Ranuncolo alpino.